SUL RISULTATO DI PACE TERRA DIGNITÀ
Sono davvero sorprendenti i toni emozionali con i quali non solo le persone normalmente distratte e lontane dal dibattito sociale e politico, ma anche osservatori che si ritengono smaliziati hanno guardato ai risultati delle elezioni europee in Italia.
Posso comprendere i tratti di smarrimento e di allarme vissuti in Francia per l'impennata di voti della destra fascistoide della Le Pen; o anche in Germania, dove un partito dichiaratamente fascista e permeato di nostalgie hitleriane è divenuto il secondo partito del Paese e il primo nei Land della vecchia Germania Orientale. Quelle paure e quelle emozioni le posso capire, benché i toni esagerati sull'onda nera che travolgerebbe adesso l'Europa si scontrino visibilmente col dato obiettivo della tendenza alla continuità del nuovo Parlamento europeo, dove sembra reggere l’ipotesi del rinnovo della cosiddetta “maggioranza Ursula”. Si registrano, tutto sommato, modifiche piuttosto lievi a scala europea, nonostante sia innegabile il calo dei socialisti democratici, trascinati in giù dalla secca sconfitta della Socialdemocrazia tedesca, e nonostante il calo ancora più consistente dei Verdi, anch'essi tirati in basso dal cattivissimo risultato dei Verdi tedeschi.
In altre parole, a me pare abbastanza chiaro che a livello europeo lo sconquasso stia molto nelle parole dei commentatori e molto poco nella realtà. E soprattutto in Italia gli sconquassi ad opera del voto non ci sono stati. Nel complesso i rapporti di forza tra la maggioranza che sostiene il governo Meloni e l’opposizione si sono modificati di poco. Rispetto alle politiche del settembre 2022 i partiti di governo hanno qualche piccolissima ragione a cantar vittoria poiché registrano un calo più contenuto di voti (in totale, circa 1milione e 250mila voti in meno: -600mila FdI, -370mila la Lega e -280mila il raggruppamento FI+Noi moderati) rispetto all’opposizione parlamentare, nella quale pesano, a fronte dei quasi 800mila voti complessivi guadagnati da PD e AVS, i due milioni secchi di voti persi dai 5S e i circa 500mila voti complessivi lasciati sul terreno dai raggruppamenti centristi di Renzi e Calenda. Il saldo totale per l’opposizione parlamentare è, così, di -1milione e 700mila voti. Ma non siamo a nessuna debacle e la maggioranza non ha avuto alcun trionfo.
Va considerata a parte, in questo quadro, PACE TERRA DIGNITÀ, che ha preso 515.000 voti circa. All’interno di tale risultato, è sensatamente ipotizzabile che sia stato pressoché nullo l'apporto di voti provenienti dalle precedenti liste qualunquiste e populiste di destra, quelle che alle politiche del 2022 sommavano all'incirca 1milione e 300mila voti. È verosimile, infatti, che gli elettori di Italexit, Vita, Italia sovrana e popolare e Sud chiama nord si siano stavolta indirizzati in buona parte verso la destra di governo, in parte nel non voto e in parte ancora nelle liste Libertà, Democrazia sovrana popolare e Alternativa popolare, le quali complessivamente totalizzano all'incirca 400.000 voti. PTD ha invece recuperato di sicuro un consistente numero di voti (forse 200mila, forse qualcosa in meno, forse qualcosa in più) dei 403mila che nel 2022 si riversarono sulla lista di Unione Popolare, mentre l’altra metà di allora - forse qualcosa in meno, forse qualcosa in più - si è ritrovata stavolta nel voto ad AVS, con una piccola parte andata al PD e un certo numero sicuramente rifugiatosi nell’area del non voto.
In ogni caso, il dato saliente è che buona parte dei voti di PACE TERRA DIGNITÀ - forse la metà, forse di più - si caratterizza direttamente come nuovo investimento politico-culturale, e cioè come voto immediatamente pacifista. La caratteristica della lista della colomba bianca e del ramoscello verde di ulivo è stata, infatti, di mettere al centro del dibattito sociale e politico l’alternativa secca “O pace O guerra”. Non che si sia limitata a parlare di pace, poiché il suo programma recupera anche tutte le sacrosante battaglie in difesa dei beni comuni e in difesa della sanità pubblica, dell’istruzione pubblica, dei trasporti pubblici e dell'edilizia popolare pubblica, come pure le buone battaglie per la salvaguardia dell'ambiente, per lo sviluppo ecosostenibile delle produzioni e per l’affermazione dei diritti sociali in tema di lavoro (a partire dalla riduzione della settimana lavorativa a 32 ore e a parità di salario) e nel contrasto alla povertà e alla disoccupazione (a partire dal ripristino del reddito di cittadinanza). Più in generale, PTD ha mostrato una collocazione di intransigente difesa della Costituzione antifascista, col conseguente NO secco all’Autonomia Regionale Differenziata e al Presidenzialismo e il costante riferimento all'articolo 3, quello che indica come compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che impediscono l'effettiva uguaglianza tra i cittadini.
Diversi punti del programma di PTD è ovviamente possibile ritrovarli anche nelle formazioni dell’opposizione parlamentare di Sinistra, soprattutto in AVS. E però PTD ha ragione - ed è stata questa la sua particolarità – a sostenere che tutte le rivendicazioni sacrosante sulle condizioni materiali di esistenza di tanti e tante e sull’uguaglianza tra tutti i cittadini della Repubblica vadano declinate oggi in strettissima connessione con l’obiettivo dell’immediato “cessate il fuoco” nei territori – Ucraina e Palestina soprattutto – dove già si spara e si muore. L'assunto di fondo, infatti, è che se non si ferma la corsa drammatica alla guerra mondiale non ci potrà essere nessun avanzamento reale sul piano dei diritti sociali e di cittadinanza. Per questo Pace Terra Dignità è stata una presenza molto significativa, sul piano dei contenuti, in questa vicenda elettorale.
Indubbiamente il risultato ottenuto dal simbolo della colomba bianca e del ramoscello verde di ulivo è stato deludente. Non è un dato insignificante, ma si è fermato nettamente al di sotto delle speranze di chi si è attivato - prima con una raccolta di firme, 100.000, sulla quale per molte ragioni pochi avrebbero scommesso, e poi con una campagna elettorale generosa, condotta con pochissimi mezzi e con poca visibilità sui media; e si è fermato soprattutto al di sotto delle necessità obiettive del passaggio drammatico che stiamo vivendo.
Io credo che la ragione di fondo di questo deludente risultato è che nell’elettorato progressista e più informato sia prevalso il paradigma tradizionale di ragionamento: ovvero che la questione di fondo non ruoti attorno alla dicotomia ultimativa PACE/GUERRA - come sostenuto da PTD -, bensì ancora attorno alla dicotomia DESTRA/SINISTRA. PTD ha provato a spiegare che la stessa dicotomia destra/sinistra conserva oggi il suo senso storico solamente dislocandosi all’interno della lotta per la pace e per fermare la progressione sempre più accelerata al disastro; ma non ha convinto. C’è poco da questionare.
D’altronde non c’è neppure da meravigliarsi: perché l’incredulità di massa all’avvicinarsi del baratro, e la voglia di passare ad altro allorché la Storia apparecchia i suoi disastri, sono state quasi sempre la regola. Voglio dire che è successo tante volte, nel passato lontano e recente, che le voci di lucido allarme abbiano fatto la fine delle grida di Cassandra, la quale veniva impietosamente sbeffeggiata dalla moltitudine che spingeva il cavallo di legno nelle mura di Troia. PTD è apparsa forse proprio come l’antica profetessa dell’Iliade; e del resto la guerra la vediamo sì ogni giorno, ma semplicemente come un’immagine televisiva, ben lontana dalla quotidianità attorno a noi. La vediamo, cioè, come qualcosa che comunque non ci sconvolgerà direttamente. E questo è davvero uno spinosissimo problema per chi, come me, tema fortemente che i prossimi mesi si presenteranno molto più cupi e lividi di adesso…
Rino Malinconico

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